Sommario o abstract
| Gianna rivede la Pistoia della sua infanzia e giovinezza, le vie e le piazze, i cortei degli anarchici tra i quali c'è anche suo padre. Idealista, fiero, capace di rinunciare a tutto, anche alla famiglia, per il suo ideale. Ricorda della sua scelta di abbandonare l'agiatezza economica, donando il suo patrimonio in beneficenza, per dedicarsi all'umile mestiere di orologiaio. La moglie, pur essendo innamorata di lui, aveva ceduto alle spinte della famiglia borghese e l'aveva lasciato. La piccola Gianna ha comunque l'opportunità di passare parecchio tempo con il padre: lui è il suo grande amore, il suo mito, l'uomo virtuoso per eccellenza, una lezione di vita in carne ed ossa. Le cose cambiano quando Gianna cresce e si trasferisce a Firenze con la madre, per frequentare l'università. Presa dall'ebbrezza della giovinezza, comincia a vergognarsi un po' di quel suo padre povero, vestito di stracci, austero, così ligio alle sue idee da oscurare la felicità di Gianna, al solo pensiero di quel padre esiliato, costretto a vivere in ristrettezze, mentre lei è giovane e agiata e si gode ogni minimo istante della primavera a Firenze. Gli scrive una lettera a settimana, ma cerca di scacciarlo dai suoi pensieri. Gianna ricorda con struggente rimorso il non essergli stata vicino, per tanti anni, soprattutto alla fine, quando il Manzini muore di infarto, dopo aver subito l'ennesimo attacco da parte di un manipolo di fascisti. |